La rivoluzione Chempet [Intervista a Guido Fragiacomo]

Mettere a punto nuove formulazioni e nuovi materiali provenienti da riciclo che possano competere con i materiali vergini è la nuova sfida dell’industria chimica. Un’analisi di Guido Fragiacomo.

La plastica monomateriale può essere facilmente riciclata meccanicamente e successivamente riutilizzata. Il recupero della plastica mista, invece, rappresenta una sfida ancora aperta che richiede un approccio differente basato su nuovi processi e tecnologie di riciclo chimico. L’attenzione delle aziende che intendono perseguire il paradigma dell’economia circolare è rivolta soprattutto ai materiali polimerici che confluiscono nel plasmix, l’insieme di plastiche eterogenee utilizzate negli imballaggi post-consumo non più recuperabili. Di fatto il 40% della plastica proveniente da raccolta differenziata non può essere avviata al riciclo e finisce in discarica o nei termo- distruttori.

Tra le aziende impegnate a trovare una soluzione alle barriere del riciclo degli imballaggi misti figura l’azienda piemontese Garbo, la quale ha messo a punto una tecnologia innovativa ed esclusiva sul territorio nazionale sotto l’acronimo di ChemPET.

Gli sforzi su larga scala per riciclare gli scarti plastici misti a base di Pet – puntualizza il titolare dell’azienda Guido Fragiacomo – sono limitati dal fatto che non esiste una tecnologia di riciclo meccanico che consente di ottenere una materia prima seconda in grado di giustificare il recupero dal punto di vista qualitativo e in termini di costo. Da questa premessa nasce il progetto ChemPET, basato su un processo di riciclo chimico in grado di convertire tramite depolimerizzazione (via glicolisi) il Pet presente nelle plastiche miste in un intermedio, il Bhet (bis-idrossi-etilen-terefta- lato), che può essere utilizzato, in sostituzione dei monomeri di origine fossili, per creare nuovamente Pet vergine.

La produzione di cRPET (chemically recycled Pet) rappresenta l’anello mancante nella catena del valore del Pet e porterà ad ampliare la crescita della vera economia circolare e a rendere più sostenibile la plastica. Grazie al progetto industriale ChemPET, Garbo è stata premiata dal programma dell’Unione europea Horizon 2020 come azienda innovatrice in grado di promuovere soluzioni che affrontano sfide particolarmente rilevanti, come quella ambientale appunto, con l’obiettivo di rendere l’industria europea più sostenibile, competitiva e indipendente dalle materie prime di provenienza extra Ue. Del resto l’azienda amministrata da Guido Fragiacomo, con il supporto dei suoi tre figli, ha sin dalla fondazione basato la propria attività sull’economia circolare.

Garbo nasce nel 1997 con l’intento di ridare vita a materiale di recupero e si specializza fin dai primi anni nella tecnologia di recupero dei componenti base, quali il carburo di silicio e il glicole, contenuti nei fluidi abrasivi usati per tagliare i wafer di silicio, di cui oggi la società vanta 10 brevetti depositati che si sommano ai 5 per il recupero Pet. Le aziende con cui collaboriamo sono attive nei settori dei semiconduttori elettrici e nel comparto fotovoltaico. In riferimento a quest’ultimo abbiamo brevettato e implementato un processo per il recupero degli sfridi di silicio che consiste in una rigenerazione delle polveri che passa attraverso trattamenti chimici di purificazione che rimuovono le contaminazioni e permettono al silicio di tornare a un livello di purezza pari al 99,9999%. Il recupero di carburo di silicio e del glicole dagli sfridi di lavorazione, permette all’industria fotovoltaica di abbattere i costi e ridurre l’impatto ambientale, rendendo la filiera più sostenibile.

Ad ulteriore conferma dell’impegno di Garbo ad affermarsi tra le eccellenze italiane che hanno adottato un sistema produttivo sostenibile attento all’ambiente e alla salute dei lavoratori, nel 2018 si sono conclusi i lavori di ristrutturazione dello stabilimento di Cerano. «Grazie ai finanziamenti ricevuti dal bando Isi Inail è stato realizzato un nuovo tetto per lo stabilimento, bonificato da materiali che contenevano residui di tracce d’amianto. Non escludiamo – conclude Fragiacomo – altri investimenti in futuro».

Attraverso il progetto Reciplast stiamo sviluppando nuovi processi innovativi di riciclo su altre plastiche attualmente non recuperate. Il progetto Reciplast, co-finanziato dalla regione Piemonte e dall’Unione europea, coinvolge le aziende leader nell’industria alimentare e nel settore dell’automotive ed è volto ad ampliare le possibilità di riuso della plastica usata per il packaging (film multi-materiale) e nei di componenti auto giunti a fine vita. Garbo si posiziona come capofila tra i partner aderenti grazie alla tecnologia ChemPET al fine di au- mentare la sostenibilità dell’intera filiera.

Articolo di Angela Querciola apparso in origine sulla rivista Green Economy, distribuita a Ecomondo 2021.

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